Per tre giorni mi sono fermata nell'osservatorio tra le fredde cime italiane. Sono arrivata carica, pronta a lavorare e desiderosa di vedere le facce che per quasi due anni mi hanno fatto compagnia.
Che senso di disagio...
Il contrasto con l'ente per cui sto temporaneamente lavorando è davvero forte. Arrivata negli uffici italiani non c'era ancora nessuno, gli impiegati erano in pausa caffè e le donne delle pulizie passavano svogliatamente tra gli uffici. L'Italia è vecchia, questo osservatorio è vecchio e trascurato, e tutto il suo potenziale divulgativo e scientifico è lasciato alla deriva. Potrebbe diventare un polo dell'astronomia, potrebbe ospitare studenti desiderosi di fare pratica, ma gli uffici sono vuoti, le scrivanie raccolgono la polvere e l'intonaco si stacca. I colleghi inglesi sono giovani, dinamici, impegnati e con contratti dignitosi... sebbene il problema del finanziamento esista anche lì, loro continuano a lavorare e si riuniscono a parlare del futuro fuori dall'orario di lavoro... si muovono e lavorano...invece noi qui siamo un po' alla fame e pure un po' depressi. Lavoriamo anche 12 ore al giorno, produciamo e siamo tra i migliori al mondo, ma siamo rassegnati. come si può essere entusiasti e rassegnati insieme? Ho conosciuto gente che pur di continuare a lavorare nel campo è disposto a lavorare gratis. Bello o inquietante?
Le idee ci sono, e nemmeno troppo costose, ma manca la voglia, manca la mentalità di voler fare un balzo in avanti e diventare aggressivi dal punto di vista della divulgazione (che sembra essere l'unica via di scampo dal punto di vista finanziario). Siamo tristi, come sono tristi quasi tutti gli italiani.
Ci trasciniamo stanchi, stanchi andremo (andranno, uff) a votare. Rassegnati subiremo ancora... perché l'Italia delle idee, della voglia di fare, deve combattere ogni giorno con un mostro chiamato abitudine, che possiede un'enorme inerzia, prodotto di burocrazia e mentalità. Sempre in silenzio andranno le nostre proteste, perché in questo paese non si è ascoltati, a meno che non si bloccano le autostrade con i tir, a meno che non si metta un paese in ginocchio o non si sazi la curiosità morbosa di chi vive di televisione. Ma non riesco proprio a concepire dottorandi che bloccano le autostrade con i telescopi o tavoli di laboratorio... e non credo che nemmeno il costruttore di modellini di Vespa sappia costruire un modellino in scala di qualche università o ente di ricerca.
E' difficile rendere l'idea di quello che siamo, entusiasti e rassegnati. Tristi e responsabili. Tenacemente attaccati al nostro lavoro, perché lo amiamo e siamo pieni di passione... ma per quanto ancora continueremo a sperare che le cose migliorino?
Uolter e lo Psiconano parlano. Parlano da mesi. Anni. E sembra parlino altre lingue o che provengano da altri pianeti. Che m'interessa dell'Alitalia, quando non so se avrò una pensione o se potrò mai fare un mutuo per costruirmi una casa? Come posso interessarmi di Cogne, Olindo e chi ne ha più ne metta, quando ho fame di altre notizie? Voglio altre cose, voglio che tutti si diano da fare allo stesso modo. Voglio responsabilità, voglio una presa di coscienza globale. Non essere drogata con notizie inutili e battutine da Bagaglino.
E mi stupisco di come, nonostante tutto, io e molte altre persone, continuiamo a dire "andrà meglio", "ne usciremo". Accidenti, sono una portatrice sana di granitico ottimismo, nonostante tutto.
Dare un titolo ad un post a volte è difficile... tentare di scrivere cose come queste fanno prudere le dita e la mente. Ma le giornate grigie e smongo mettono a dura prova.